28 April 2022

Affitti brevi e cedolare secca: contenzioso tra agenzia delle entrate e Airbnb

Nel presente articolo si passi ad analizzare, in merito al rapporto tra affitti brevi e cedolare secca, il contenzioso legale avvenuto tra l’agenzia delle entrate e Airbnb

Agenzia delle entrate ed affitti brevi

E’ noto che nell’ambito degli affitti brevi sono numerose le società che evadono l’obbligo del pagamento della cedolare secca. I cosiddetti “furbetti degli affitti brevi”. Ha fatto scalpore il contenzioso legale tra il tribunale del Tar e il noto portale sugli affitti brevi Airbnb. E’ risaputo che Airbnb conta 214 mila case e lo scorso anno ha fatto registrare 3,7 milioni di arrivi. V’è stata una sentenza da parte del tribunale del Tar, la sentenza n. 2207/2019 con la quale è stato respinto il ricorso di Airbnb, che si era rifiutato di riscuotere la cedolare secca sulle locazioni brevi e comunicare all’agenzia delle entrate i nomi dei locatari e i relativi redditi.

A tal proposito Airbnb ha promesso che farà ricorso al consiglio di stato, e con buona probabilità chiamerà in causa anche la corte di giustizia. La legge che regolamenta la cedolare secca è il decreto legge 50/2017. Si tratta di un decreto introdotto dal governo Gentiloni e prevede una ritenuta del 21% , appunto la cedolare secca, per  gli affitti brevi. Si ricordi che la cedolare secca va pagata immediatamente e trattenuta dal fisco nel caso in cui l’affitto breve è gestito da intermediari, oppure al momento della dichiarazione dei redditi la dove l’affitto breve venga gestito direttamente dal proprietario dell’immobile. Il contenzioso tra Airbnb e l’agenzia delle entrate nasce nel momento in cui la nota piattaforma si è rifiutata di raccogliere le imposte e di trasmettere i dati degli host all'Agenzia delle Entrate, per consentirle - incrociando i dati - di dare la caccia ai possibili evasori.  Il rifiuto nasce da una precisa presa di posizione da parte di Airbnb, che sottolinea come non spetti alla piattaforma la riscossione della cedolare secca come pure il versamento al fisco. Azione quest’ ultima che creerebbe alla piattaforma problematiche ingenti relative alla gestione dei dati come pure alla privicy.

Il rifiuto di Airbnb ha comportato un flop delle tasse del gettito previsto. E’ noto che nel 2017 ci si aspettava un gettito di 83 milioni e ne sono entrati solo 19. Ancor peggiore è stata la stima del 2018, dal momento ci si aspettava un’entrata nelle casse dello stato di un gettito di 139 milioni. Le stime più precise relative al danno sulle casse dello stato sono arrivate dalla federalberghi. Si ricordi che secondo tali stime calcolando il numero di case a disposizione di Airbnb come pure il numero di annunci, la mancata riscossione dell’imposta ha comportato un defict di 250 milioni per le casse dello stato.

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Contenzioso Tar Airbnb

La sentenza del Tar è arrivata dopo una battaglia legale all’interno della quale il Tar del Lazio prima e il consiglio di stato poi avevano bocciato la richiesta di sospensiva. L’ argomentazione a sostegno delle sentenza da parte dei giudici del Tar si rifà al dato secondo il quale non v’è stata alcuna disparità di trattamento o discriminazione nei confronti di Airbnb e né una limitazione alla libertà di concorrenza. Allo stesso tempo si evidenzia come i giudici abbiano affermato che la piattaforma non può affermare come forma di diniego il fatto che sia costretta ad adempimenti che non le spettano, dal momento che il portale svolge sia in Italia che all’estero attività simili a quelle che le vengono contestate. A tal proposito il Tar cita un articolo del “sole 24 ore” relativo ad un accordo con la regione toscana per la riscossione della tassa di soggiorno.

A tal proposito non si è fatta attendere la risposta di Airbnb, il quale si è detto deluso dal pronunciamento del Tar del Lazio, e che avrebbe fatto ricorso al consiglio di stato, anche al fine di far intervenire la corte di Giustizia Europea. L’accusa che muove Airbnb al Tar è quella di non riuscire a differenziare l’ambito operativo delle agenzie immobiliari, con poche decine di utenti, con quello di una piattaforma con oltre 200 mila utenti, dei quali solo una parte sarebbe assoggettabile alla normativa, una normativa i cui criteri non sono stati mai stabiliti in maniera chiara dal legislatore. Sulla questione è intervenuto, chiaramente a sostegno delle sentenza, il ministro del turismo Gian Marco Centinaio, il quale ha affermato come tale sentenza confermi la presa di posizione del governo contro l’illegalità, l’evasione, l’abusivismo imprenditoriale. Tutti aspetti, secondo il ministro, che stanno rovinando il rilancio relativo al turismo in Italia. Da qui l’importanza di continuare a lavorare su un codice identificativo per combattere tale problematica che caratterizza l’ambito della ricettività e dell’accoglienza turistica.

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