05 January 2024

Affitti brevi normativa: la proposta di legge non approvata dal governo

Come sono regolamentate le locazioni brevi? Nel presente articolo si passi ad analizzare la nuova normativa proposta dal governo per gli affitti brevi per evitare un turismo sovradimensionato. Legge che ad oggi sappiamo non essere passata e quindi non in vigore.

Nuova normativa sugli affitti brevi

Nel presente articolo si passerà ad analizzare nell’ordine:

  • In cosa sarebbe consistita la nuova normativa sugli affitti brevi;
  • Quale sarebbe stato l’obbiettivo della nuova normativa sugli affitti brevi;
  • Quali sono state le reazioni alla proposta di legge sugli affitti brevi.

Per affitto breve si intende un affitto di durata inferiore rispetto agli affitti tradizionali. Gli affitti brevi a loro volta si suddividono in due sotto categorie: l’affitto turistico e l’affitto transitorio. Il primo non prevede la registrazione all’agenzia delle entrate, il secondo si. Giuridicamente l’affitto breve si configura come una struttura ricettiva, ovvero come una struttura preposta a ricevere viaggiatori. In tal caso si parla di casa vacanza. Per il proprietario di una casa vacanza da destinare ad affitto breve, l’immobile rappresenta un ulteriore fonte di reddito.

Fatta tale doverosa premessa relativa alla legge fiscale sugli affitti brevi, si passi ora ad analizzare la nuova normativa proposta alla luce dei provvedimenti varati dal governo. Normativa comunque mai entrata in vigore. La proposta di legge puntava a creare una stretta su Airbnb ovvero la più grande piattaforma sul web dedicata agli affitti brevi, attraverso il divieto di affitti inferiori alle due notti.

Il disegno di legge serebbe servito a fronteggiare il turismo sovradimensionato rispetto alle potenzialità ricettive locali, e quindi evitare lo spopolamento dei centri storici salvaguardando la residenzialità degli stessi. Ovviamente chi avrebbbe tratto giovamento da tale manovra sarebbero state le strutture ricettive alberghiere. E’ legittimo presumere che il provvedimento non avrebbe comunque avuto grandi ripercussioni sul mercato. A ciò si aggiunga che si trattava di una normativa che non soddisfaceva i sindaci delle grandi città, i quali avevano richiesto interventi molto più decisi.

L’intento era di salvaguardare le nuove norme, assegnando un CIN (codice identificativo nazionale) “ad ogni immobile ad uso abitativo oggetto di locazione per finalità turistiche” e “a pena di nullità la durata minima del contratto di locazione per finalità turistiche non può essere inferiore a due notti”. Secondo il disegno di legge sarebbe stato il consentito venir meno al provvedimento solo nei casi in cui i nuclei familiari fossero composti da almeno un genitore e tre figli, dal momento che in questi casi si sarebbero potute avere difficoltà sia logistiche che economiche nel trovare una sistemazione in albergo.

Il provvedimento prevedeva, quindi, l’obbligo di possedere il CIN, come pure di esporre il codice identificativo sui portali ed all’ingresso della casa, salvo sanzioni che potevano arrivare anche fino a 5 mila euro. Ci sarebbero stati limiti anche per chi possiede più di quattro appartamenti da affittare, in questo caso il proprietario sarebbe stato giuridicamente considerato alla stregua di un imprenditore, ed avrebbe dovuto sotto stare al regime fiscale fissato per i privati. Al fine di monitorare il numero di appartamenti da gestire, il proprietario avrebbe dovuto   presentare una comunicazione di inizio attività, con una nuova categoria economica assegnata specificamente alle locazioni turistiche

Non essendo passata la proposta di legge, ad oggi, per turisti e clienti degli affitti bevi è possibile affittare anche per la durata di un solo giorno. 

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Reazioni alla nuova normativa

Il disegno di legge se da una parte andava incontro agli imprenditori del settore alberghiero, dall’altra, come detto, non soddisfaceva i sindaci delle grandi città, i quali hanno a più riprese richiesto un tetto massimo di 120 giorni l’anno per gli affitti brevi, in modo tale da far fronte all’emergenza abitativa. Secondo i sindaci in tal modo verrebbe aumentata la disponibilità delle case per chi è in cerca di un’abitazione e diminuita l’impennata degli affitti.

Ma critiche sono arrivate anche dai property manager i quali sottolineano come il provvedimento avrebbe interessato i 14 comuni metropolitani (Roma, Milano, Napoli, Torino, Bari, Palermo, Catania, Bologna, Firenze, Venezia, Genova, Messina, Reggio Calabria, Cagliari), ed poco più di 950 comuni ad alta densità turistica, aspetti evidenziati pubblicamente dai dirigenti dell’Aigab: “Saranno esentati da questa limitazione i comuni con meno di 5.000 abitanti a bassa densità turistica. Curiosamente sarebbero esentate da questa restrizione le famiglie numerose, identificate come quelle con almeno un genitore e 3 figli, che invece potranno sempre dormire una notte nelle case promosse online”.

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